Festa Titolare Nobile Contrada dell’Aquila
La prima Festa Titolare di venerdì
Sì, si tratta della prima volta che in vita mia assisto alla festa titolare di venerdì, in quanto la decisione della Contrada, date le circostanze è giustamente quella di festeggiare il giorno effettivo della ricorrenza. L’evento mi provoca una sensazione strana, quasi di asincronicità, come se tutto risultasse fuori dai tempi scanditi dalle tradizioni e percepito in maniera ovattata senza poterlo vivere fino in fondo, ma d’altro canto, purtroppo, la situazione questo ci impone. Credo che la Festa Titolare sia il momento più importante di tutto l’anno in quanto raccoglie gli aspetti più significatici della vita contradaiola nella sua interezza: dal Battesimo alla visita ai cimiteri per rendere omaggio ai contradaioli defunti, dal mattutino insieme alle Alleate alla cena del giro. Ecco la Festa titolare racchiude tutte le emozioni sacre e ludiche all’interno di ognuno di noi, che ti portano a vivere dei giorni di gioia impegno fatica e fraternità condivisa con tutte le Consorelle. Purtroppo, come dicevo, prima quest’anno non sarà possibile viverla a pieno, senza l’attesa per indossare la montura, il risveglio la mattina dovuto all’impazienza dei primi bambini che alle 7 già suonano sotto camera, la visita alle Consorelle a cantare tutti insieme il Maria Mater, la fatica che ormai avanza con l’età e la gioia di rientrare nel tuo rione illuminato e addobbato a festa la sera, stanco ma con un senso di soddisfazione e appagamento che non è misurabile con nessuno strumento. Quest’anno nella programmazione della Festa Titolare ci sarà comunque un evento importante: dopo una serie i lavori riapriremo il museo della Contrada, e troveremo una bella sorpresa. L’amministrazione comunale ha infatti concesso alla Contrada la lupa di marmo che per secoli è stata ai Quattro Cantoni, e nelle nostre stanze potremo vederla sopra la colonna del Terzo di Città, come la vedevamo a bambini in Piazza Postierla.
SANTO PATRONO NOBILE CONTRADA DELL’AQUILA
La Festa titolare della Nobile Contrada dell’Aquila viene celebrata in onore del Santissimo Nome di Maria. Nella liturgia della Chiesa Cattolica ricorre il 12 settembre.
A seguito della soppressione delle compagnie laicali voluta dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena, la Nobile Contrada dell’Aquila ottenne l’uso e la proprietà dell’oratorio di San Giovanni Battista detto dei Tredicini, ubicato nel Casato di Sotto. I Tredicini erano una delle molte confraternite senese e si riunirono per fare opere di carità nel 1607; soltanto nel 1629, tuttavia, il nobile Girolamo Pecci donò loro l’edificio in cui di lì a poco sarebbe stato innalzato l’oratorio intitolato al patrono della compagnia Giovanni Battista e progettato da Flaminio del Turco. Costui era ormai un architetto di fama, che vantava tra l’altro nel suo curriculum la direzione dei lavori del cantiere della nuova chiesa mariana di Provenzano.
Di piccole dimensioni, l’oratorio dei Tredicini si contraddistingue per il carattere intimo e raccolto, dovuto innanzi tutto alla pianta ellittica, che anticipa le più bizzarre invenzioni del barocco romano, e Flaminio del Turco elaborò pochi anni prima che Francesco Borromini ideasse la chiesa romana di San Carlo alle Quattro Fontane.
L’interno dell’oratorio conserva i tre altari originali e le relative tele, che per uno strano caso del destino illustrano le tre principali tendenze del Seicento pittorico italiano ed europeo. Sull’altare maggiore è un dipinto che potremmo definire barocco, e raffigura la Nascita, circoncisione e imposizione del nome al Battista, rendendo omaggio al titolare della chiesa e alla festa del 24 giugno che era celebrata dai Tredicini. Il dipinto risale al 1673, e si tratta dell’ultima opera documentata di Bernardino Mei, che dovette affidarla in parte alla bottega e la inviò da Roma: grande capitale artistica del Barocco, in cui il pittore senese aveva fatto fortuna grazie anche al concittadino Fabio Chigi, divenuto papa Alessandro VII.
Più antichi sono i dipinti degli altari laterali: a destra è una Sacra famiglia con San Giovannino e San Tommaso, che risale al 1638 e fu eseguita dal senese Astolfo Petrazzi, guardando ai modi armoniosi e misurati del bolognese Guido Reni, che pochi anni prima aveva realizzato per Siena una celebre tela con la Circoncisione per San Martino. La figura che fa capolino in basso, nelle vesti di San Tommaso, altri non è che il committente del dipinto, tal Tommaso Caselli.
Nell’altare di sinistra è una tela dal fondo scuro, in cui si riconosce bene la devozione per la pittura del naturale del Caravaggio. Fu dipinta nel 1643 da Domenico Manetti, figlio di Rutilio (il più noto tra i caravaggisti senesi), e una luce netta vi fa risaltare quelle poche e solide figure utili a comporre l’episodio evangelico della Moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Resta da dire della piccola icona raffigurante la Madonna del latte sull’altare maggiore: è un antico dono alla Contrada del Tredicino Francesco Pollini e deve essere stata dipinta nel corso del secolo XVIII dal nipote di Pietro Ramato da Pesaro, stando a una scritta sul retro. Ispirata palesemente alla pittura bizantina, secondo una tradizione che ebbe lungo corso in area adriatica e ancora perdura nella Chiesa orientale, questa tavoletta è l’immagine mariana per eccellenza dell’oratorio della Nobile Contrada dell’Aquila, di fronte alla quale viene cantato il Maria Mater.